l lavoro del magazziniere è monotono. Farlo per 25 anni consecutivi lo rende ancora più noioso. Se sei l’unico essere umano è una condanna. Questa è la vita di Kurt, impiegato della megacorporazione Jüngle e protagonista dell’ultimo gioco targato Wired Productions: The Last Worker.
Verremo tutti sostituiti da robot
Una dei motivi di orgoglio di The Last Worker è la presenza di un cast di attori AAA: Jason Isaacs, Ólafur Darri Ólafsson e Clare-Hope Ashitey recitano nei panni dei tre personaggi principali. Le loro interpretazioni sono magnifiche, come è altrettanto lodevole il lavoro svolto sulla scrittura dei personaggi. I tre spiccano per una personalità unica e un carattere che affiora prepotente in molte scene, grazie sempre alla voce prestata dagli attori prima citati. I dialoghi funzionano perfettamente, e sono ogni tanto fonte di ilarità, come sanno anche essere drammatici quando la necessità lo richiede.
Altro elemento di cui gli sviluppatori Wolf & Wood si vantano è la narrazione.
The Last Worker vede il suo protagonista Kurt ingabbiato in una struttura gigante della Jüngle, società che si occupa di vendere qualsiasi tipo di prodotto in tutto il mondo. Kurt è l’ultimo essere umano rimasto a lavorare come magazziniere. Una professione che svolge ormai da 25 anni, senza mai lasciare il suo posto di lavoro. Venticinque anni senza contatti umani, senza mai vedere la luce del sole. L’unica “persona” con cui parla è Skew, un robot volante destinato alla rottamazione, salvato e riprogrammato con una personalità abbastanza scurrile.
Questa è la premessa che dà il via alla trama di The Last Worker. Una storia che si finisce in meno di sei ore, andando anche di calma, e che non riesce a svilupparsi pienamente.
Il capitalismo uccide i poveri
Jüngle è una parodia di Amazon, o di una qualsiasi altra azienda senza morale interessata solamente al profitto. Una critica, non troppo velata, al capitalismo estremo in cui i poveri soffrono e i ricchi menefreghisti vivono nel lusso. Una storia che parla di rivoluzione, di lotta contro i potenti e.. altre cose già sentite.
Proporre tematiche conosciute non è un difetto, ma lo è se riproposte in maniera banale. The Last Worker non aggiunge nulla di nuovo sull’argomento, risultando insipido e totalmente incapace di conquistare l’interesse del giocatore.
Le critiche sociali sono superficiali, poco taglianti e mancano di spessore. Il risultato è una trama discreta e acerba, che non ha l’ambizione di essere intelligente ma non prova nemmeno a essere intrigante.
Una storia che non sembra ingranare mai, e arriva alla fine con un climax deludente e poco appagante. Una conclusione di gioco che include tre finali differenti da far scegliere al giocatore. Una decisione che manca di quel peso, di quella necessità di ponderare sugli eventi o mettere in discussione la propria morale. Una scelta vuota, che ho trovato fuori luogo vista anche l’assoluta linearità narrativa di tutto il resto del gioco.
Una poltrona fluttuante
Kurt non si alzi praticamente mai dal suo JünglePod, una combinazione tra un caricatore di magazzino e uno scooter volante, che permette di muoversi stando comodamente seduti. In questo modo anche chi gioca in VR può rimanere in poltrona, rendendo possibili sessioni di gioco più lunghe senza stancarsi.
The Last Worker è infatti un gioco in prima persona pensato per essere usufruito con la realtà virtuale. In realtà sarebbe più corretto dire che è stato completamente progettato per la VR, e poi adattato per i giocatori a due dimensioni: diverse meccaniche e scelte di design sono state pensate quasi esclusivamente per chi indossa un visore.
Nella mia sessione giocata con pad e monitor, ho avuto più volte la sensazione che molti elementi non fossero pensati per un ambiente bidimensionale: i comandi poco precisi e scomodi, la prospettiva non sempre ottimale e una semplicità di fondo che trova senso solo in titolo VR. Non ho avuto molta esperienza con la realtà virtuale, ma sono conscio che molte cose banali in un gioco normale assumono un’identità più interessante indossato il visore.
Girare una leva non è mai stato così difficile
C’è un minigioco in cui bisogna premere il pulsante quando un indicatore passa sopra un segmento di un cerchio. Qualcosa di già visto molte volte, come nel recente Dredge. Tuttavia, questo minigioco diventa estremamente frustrante quando si passa dalla visuale laterale (in cui si vede il cerchio per intero) a quella frontale (in cui si vede il cerchio solamente sopra). La velocità è identica ma la visuale rende molto più difficile premere il pulsante al tempo giusto. Sono convinto che questa visuale sia stata pensata per chi giochi con la VR, in quanto vedendo a tre dimensioni può aiutare. Ovviamente, non avendolo provato in VR, la mia è solo una congettura.
Ciononostante, anche con la VR The Last Worker non giustifica un design lineare incapace di stimolare realmente il giocatore. Le situazioni proposte sono tutte molto semplicistiche e nessuna meccanica è approfondita realmente. La sensazione è quello di un titolo non testato appieno, approssimativo su molti aspetti del gameplay e con un level design poco stimolante.
Ultima nota dolente è la mancanza di varietà: i nemici sono solamente due, i puzzle sono semplici e di un solo genere, e le sezioni stealth diventano vagamente avvincenti solo alla fine.
Che bello consegnare i pacchi
Per non farsi licenziare, tra una missione e l’altra Kurt deve svolgere il suo lavoro di magazziniere. Un mestiere semplice: prende un pacco dallo scaffale, controlla se è danneggiato o etichettato erroneamente, e in caso lo segna con un adesivo e lo manda al riciclaggio. Se invece è tutto apposto, il pacco può essere spedito al suo destinatario. Alla fine del turno viene assegnato un punteggio dalla F alla J (di Jüngle), e volendo si può ripetere il turno per ottenere una votazione migliore.
Seppur in poco meno di sei ore di gioco, queste sezioni vengono ripetute a ogni capitolo, non le ho trovate né sfiancanti né fastidiose. Forse perché tutto il resto del gioco non brilla, ma forse anche perché questo genere di azioni quotidiane e monotone riescono a essere tutto sommato piacevoli.
Può darsi che, se The Last Worker fosse stato un semplice gioco su un magazziniere, senza missioni da film di spionaggio, avrebbe potuto essere un videogioco migliore.
Commento Finale
The Last Worker vuole essere un titolo originale, dal forte stampo narrativo e dal gameplay immersivo. Campi in cui fallisce a causa di una storia superficiale, poco stimolante e inadempiente nel suo desiderio di fare critica sociale. Un gameplay poco pulito, spesso problematico e frustrante, che non viene mai approfondito. Se non fosse per uno stile artistico carino, degli ottimi personaggi interpretati da un cast stellare, ci sarebbe ben poco da salvare in questo titolo firmato Wolf & Wood. La sensazione che ho avuto raggiunti i titoli di coda di The Last Worker, è quello di un prototipo adatto come demo di un gioco molto più articolato e perfezionato. Peccato che questo non sia un prototipo, ma un gioco completo e rilasciato sul mercato, e non c'è aggiornamento che possa migliorarlo realmente.