In un genere inflazionato come quello degli sparatutto è difficile trovare un titolo in grado di distinguersi dalla massa. Shadow Warrior 3, seguito della serie sviluppata da Flying Wild Hog, tenta di liberarsi da questa monotonia proponendo un gioco che, seppur con alcuni difetti, spicca per stile e giocabilità.
Questa parte del corpo ti serve?
L’ispirazione di Shadow Warrior 3 a Doom non è mai stata nascosta fin del primo trailer e in gioco si percepisce ancora più chiaramente. I combattimenti sono stile arene, le quali si sviluppano in orizzontale tanto quanto in verticale, permettendo al giocatore di sfruttare la velocità e abilità del protagonista al suo massimo. Diverse arene sono dotate di trappole in grado di spappolare qualsiasi poveraccio sulla loro scia. Divertenti da utilizzare, ma non aggiungono particolare profondità al combattimento.
I nemici sono diversi e ben distinti tra loro nel design quanto nelle caratteristiche offensive e difensive. Si inizia con i classici cattivi “carne da macello”, perlopiù inoffensivi, che servono principalmente come fornitori di energia vitale per il giocatore. Con l’avanzare della storia gli avversari aumentano e anche la loro letalità. La prima parte della campagna risulta mediamente facile, invece nella seconda gli scontri cominciano a essere più stimolanti e complessi da gestire.
Potenziamenti sferici
Sparsi lungo i livelli, alcune volte nascoste altre in palese vista, ci sono delle sfere di potenziamento. Quelle di colore grigio potenziano le armi, quelle viola il personaggio stesso. Queste sfere si possono ottenere anche superando delle sfide, tipo uccidere un certo numero di avversari o farlo in un certo modo.
I potenziamenti sono diversi e permettono di ottenere dei vantaggi che fanno la differenza, ma non così tanta da sbilanciare il gioco. Per esempio, si possono aggiungere effetti particolari a un’arma, oppure il classico aumento di energia vitale.
Se avete giocato agli ultimi Doom, non avrete particolari problemi a completare Shadow Warrior 3 in meno di sei ore. Infatti, rispetto al titolo Id Software, Shadow Warrior 3 è meno severo: i nemici sono aggressivi ma si possono facilmente evitare i loro colpi muovendosi rapidamente e sfruttando al massimo gli oggetti dell’arena. Le munizioni sono numerose e i cristalli di energia vitale si rigenerano ogni tot tempo, inoltre i nemici rilasciano anche loro globi rossi per recuperare salute.
Il protagonista è in grado di compiere una mossa finale uccidendo in modo spettacolare un nemico. Da questa azione si ricava una grossa quantità di salute e per i mostri di livello più alto si può trasformare una parte del loro corpo in arma. Ad esempio, un occhio diventa una bomba congelante, oppure una molla un potente spara fuochi d’artificio (qualcosa del genere). Per effettuare queste uccisioni speciali è necessario riempire le barre delle mosse finali raccogliendo globi gialli. Il numero delle barre da riempire cambia in base al nemico: per i più piccoli ne basta una, per quelli più grossi due o, per quelli di fine gioco, addirittura tre.
Cambiare arma rapidamente è un’abilità richiesta per sopravvivere. Serve per eliminare l’animazione di ricarica e quindi tenere sotto fuoco costante i nemici, in modo che non abbiano modo di contrattaccare. Simile come in Doom Eternal, bisogna combinare diverse armi per infliggere più danni possibili e, contemporaneamente, non rimanere mai a secco con un’arma specifica.
Pochi ma buoni
I boss in Shadow Warrior 3 sono pochi. Non voglio dire il numero esatto, ma sono giusto quanto basta per usare il plurale. Tuttavia, sono ben costruiti e divertenti da affrontare, seppur facendo uso delle classiche meccaniche che ormai tutti conosciamo. La loro qualità non basta però a giustificare la loro ridotta quantità. Un numero maggiore sarebbe stato ben apprezzato.
Le armi variano da una pistola revolver, a due mitragliette, fucile a pompa fino a lanciagranate, balestre lancia seghe-rotanti e un potente cannone a energia. Tutte armi efficaci e ben bilanciate. Tuttavia è presente un’arma che onestamente esiste per nessun motivo: la katana. L’arma bianca non ha alcuna vera utilità e serve praticamente solo per non sprecare colpi di arma da fuoco contro le creature più deboli. Non ci sono nemici che ne richiedono l’uso (o perlomeno non ne ho mai sentito il bisogno) e nemmeno nelle sezioni platform serve a qualcosa (anzi, in realtà viene usata più spesso la pistola).
Non serve un jetpack per correre sulle pareti
Oltre a Doom, i ragazzi di Flying Wild Hog hanno preso spunto da un altro grande sparatutto degli ultimi tempi: Titanfall 2. Tra una sparatoria e l’altra il percorso è pieno di ostacoli da superare. Non è un problema per il ninja protagonista del gioco, che oltre a essere rapido con il grilletto, può scivolare, effettuare un doppio salto, uno slancio (sia a terra che in volo), correre sulle pareti e, ultimo ma non meno importante, usare un rampino comodo per dondolarsi ma anche per avvicinare oggetti e nemici.
Il paragone con Titanfall 2 non si limita all’idea ma anche alla perfetta implementazione delle meccaniche. I comandi rispondono perfettamente al giocatore e i movimenti sono precisi. Elementi necessari per superare le corse spericolate e fuori di testa che si trovano nelle zone più complesse del gioco.
La velocità dei combattimenti unita a quella delle sezioni platform, mantengono il ritmo di Shadow Warrior 3 estremamente alto, lasciando il giocatore sempre attivo. Tutto questo grazie a un level design mutevole e incalzante, con picchi di qualità in alcune fasi.
Soleggiato, con Drago Volante.
Lo Wang è quel Ninja letale con le armi quanto con la chiacchiera. Sempre con la battuta pronta e dispensatore di infinite citazioni. Un tipo simpatico ma completamente fuori di cervello; quel genere di persona che accidentalmente libera un Drago gigante volante intenzionato a congelare l’intero mondo (mah sono ragazzi, cose che capitano).
Shadow Warrior 3 riprende lo stile di personaggi come Deadpool o, più in generale, quegli antieroi ironici e violenti. Non si prende mai sul serio e qualche sorriso riesce a portarlo a casa.
La trama: c’è un enorme drago e bisogna farlo fuori.
Semplice, chiaro. Nessuna metafora sull’esistenza umana, la guerra e altre cose da filosofi che lasciamo a Naughty Dog.
Il gioco non include al momento di questa recensione la lingua italiana in qualsiasi modo. Niente sottotitoli né interfaccia sono disponibili nel nostro dialetto. Se posso capire la mancanza del doppiaggio, non trova giustificazione l’assenza dell’italiano almeno per lo scritto. I dialoghi non sono molti e i codex sono pochi; il lavoro di traduzione non avrebbe richiesto un grande sforzo economico.
Tra oriente e mostri giganti
Nonostante non sorprenda a livello tecnico, Shadow Warrior 3 si difende con una direzione artistica di primo livello. Le ambientazioni, seppur non estremamente variegate nella prima metà di gioco, mescolano il fantasy, colorato e scherzoso, con l’ambientazione in stile orientale dell’architettura e tradizione cinese/giapponese. La scenografia è sgargiante e piena di vitalità, curata nel dettaglio.
Questi idilliaci luoghi si alternano a livelli più disgustosi e spaventosi, ma che stupiscono per ambizioni e scala di grandezza. Difficile dire molto senza fare spoiler, ma ci sono situazioni veramente spettacolari.
Il design dei nemici è ispirato e fuori di testa. Si può descrivere come l’Inferno di Doom dopo una settimana al carnevale di Rio. Alcuni nemici mantengono la loro brutalità, mentre altri sembrano usciti da un circo.
Per quanto riguarda le performance il gioco gira tranquillamente sui 90 frame al secondo a 1440p di risoluzione sulla mia configurazione: i7 9700K e GTX 1070. Queste prestazioni sono state ottenute con AMD FidelityFX attivo, senza il quale avrei ottenuto 30 frame in meno. L’uso di questa tecnologia, impostata a livello alta qualità, non cambia l’impatto grafico del gioco. Ovviamente un occhio più attento può notare dettagli che io non ho fatto caso, ma data la velocità del gioco è preferibile, in ogni caso, aumentare gli FPS.
Commento Finale
Shadow Warrior 3 è un'esperienza di breve durata ma estremamente soddisfacente. Un ritmo serrato e da cardiopalma, capace di impegnare mani e mente del giocatore più abile, senza però chiedere troppo da quelli meno avvezzi al genere. I combattimenti sono veloci e dinamici, con tanti nemici e armi. Il platform è uno dei migliori nel campo degli sparattutto in prima persona, grazie anche a un level design dinamico e verticale. Storia caciarone e un po' tamarra, piena di citazioni e battute ma a patto che sappiate l'inglese perché il gioco non include l'italiano in nessuna forma.