Grafica minimalista, fatti di pochi colori e forme tratteggiate da inchiostro nero. Semplice e chiara, con l’unica parte veramente scura dedicata alle ombre. Le ombre, elemento dominante dello schermo come anche del gameplay nel videogioco indie Schim.
Saltando tra le ombre
Il principio ludico alla base di Schim è molto semplice: bisogna raggiungere l’obiettivo saltando tra un’ombra e l’altra. Infatti, il personaggio che il giocatore controlla è anch’esso un’ombra, e non può quindi sopravvivere nella luce (anche se in realtà ricomincia dal checkpoint).
La difficoltà sta nel trovare il percorso corretto per raggiungere il bersaglio. Bisogna analizzare l’ambiente, capire su quali ombre alzare e sfruttare gli elementi interattivi a proprio vantaggio. Ad esempio, nella demo una parte del percorso era assente di ombre, ed è stato quindi necessario accendere la luce attivando il generatore dell’altra parte della strada. Talvolta bisogna anche saltare su ombre in movimento (proiettate da persone od oggetti), oppure cambiare la visuale per scovare quelle ombre altrimenti invisibili.
Schim punta a un pubblico abbastanza vasto, essendo facilmente giocabile da chiunque ma può essere reso più difficile disattivano nelle opzioni il doppio salto o i checkpoint.
Narrativa
Dalla prova di pochi minuti di Schim è difficile capire quanto importanza sarà data alla narrazione. Infatti, al momento sembra limitata a un prologo, in cui viene introdotto il protagonista e l’evento che lo porta a perdere l’ombra. La storia è narrata tramite il gioco stesso, senza cinematica né dialoghi, né scritti né audio.
Conclusione
Questa prima prova di Schim mi ha lasciato abbastanza positivo. Il gioco di Ewoud van der Werf e Nils Slijkerman ha il potenziale per essere un buon titolo, se sviluppato adeguatamente sotto il punto di vista del level design, proponendo varietà e nuove meccaniche.