Siamo onesti: Flintlock: The Siege of Dawn non è un gioco particolarmente originale. Si può riassumere come un’insalata di tanti altri giochi, senza riuscire ad affermarsi in nessun genere in particolare. Senza avere una direzione artistica memorabile. Senza nulla che ispiri un minimo di fantasia.
L’originalità (o innovazione o rivoluzione) è una pretesa esagerata. Non per forza ogni gioco deve essere campione in qualcosa, ma puoi tranquillamente rimanere in una zona comfort, proponendo meccaniche conosciute e collaudate senza essere un pessimo titolo. Anzi, Flintlock: The Siege of Dawn è assolutamente godibile e potrebbe piacere a chi cerca un’esperienza più amichevole di un souls game puro.
Un dio come animale domestico
Scenario fantasy misto era vittoriana, con colorate divise e pistole a scintilla. In questo mondo in cui magia e tecnologia ottocentesca convivono, il giocatore prende i panni di Nor Vanek, geniere veterana armata di ascia. Insieme a lei, Enki, un dio dalla forma di volpe. Insieme devono fermare i morti e gli dei, salvando il regno di Kian.
La premessa è abbastanza classica: c’è un male terribile che vuole distruggere il mondo e l’eroe di turno che arriva a sistemare le cose. Dalle due ore di gioco da me provata è un po’ difficile capire quanto sarà valida la storia di Flintlock: The Siege of Dawn, ma da quel poco i dialoghi non sembrano essere scritti male, e la recitazione non è malvagia.
Dark Souls per tutti
Falò in cui riposare (resettando i nemici), e che funge anche da punto di viaggio. Sistema di parata attiva e pistola che stordisce se usata col giusto tempismo (come in Bloodborne). Equipaggiamento potenziabile, ramo dell’abilità e la vita si rigenera solo con le pozioni. Ovviamente quando si muore si riparte dall’ultimo falò e bisogna recuperare le anime la reputazione (necessaria per migliorare le abilità).
Sembrerebbe un souls game, ma per Flintlock: The Siege of Dawn il termine più corretto è souls lite. Gli elementi descritti prima, tipici della serie Dark Souls sono presenti, tuttavia è assente il sistema della stamina come anche quello del peso e, anzi, la protagonista si muove molto agilmente. Infine, questa forse la caratteristica che potrebbe far storcere i puristi, si può selezionare la difficoltà.
Colpendo e saltando
Se nei souls game non si salta Flintlock: The Siege of Dawn va nella parte opposta. La geniere non solo può saltare, ma anche schivare, balzare in aria e usare dei portali magici per spostarsi, e raggiungere zone altrimenti inaccessibili. Non essendoci la stamina, non esiste neanche limite a quante velocemente si può muovere, e quindi l’azione è più frenetica (e caotica) rispetto a un souls puro.
Si aggancia un nemico: si possono parare i colpi (ma si perde vita) o si possono deviare stordendo il nemico. Se si spara prima di un attacco, anche in questo caso il risultato è un nemico alla mercé del giocatore. Oppure, si può piroettare intorno o saltando da una parte all’altra del rivale. Non mancano nemmeno le magie, ma si è visto ben poco per poterne parlare.
Gli avversari fanno danno, sono aggressivi e hanno attacchi imparabili (ovviamente annunciati con una luce rossa), ma sono abbastanza stupidi e prevedibili (un difetto, scusate, una scelta di game design dei souls).
I boss: non sono sicuro di averne incontrato uno vero (a parte il primo che, guarda caso, non può essere sconfitto come in tutti i souls. Incontro troppo breve per poter valutare), e quelli che ho affrontato li ho trovati abbastanza banali. Si tratta di “capi”, che vanno uccisi per liberare una città, e non ho nulla di così particolare o diverso rispetto ai nemici regolari, se non una barra della vita più lunga. Un altro boss che ho incontrato, opzionale, si distingueva dagli altri ma il suo pattern di combattimento non era comunque stimolante.
Da questa mia prova, non sembra esserci necessità di una vera strategia per sconfiggere gli avversari. Basta avere buoni riflessi e comprendere le meccaniche di gioco. I combattimenti sono piacevoli, ma bisogna capire in che modo saranno sviluppati, altrimenti rischiano di essere ripetitivi.
Un po’ di cose da gioco di ruolo
Come detto prima, c’è un albero delle abilità diviso in tre sezioni (armi da fuoco, magie e arma bianca). I punti reputazione ottenuti (tramite varie azioni) servono a comprare nuove mosse, che possono essere “dimenticate” ottenendo indietro parte dei punti. Le abilità non sono tante, e visto che si sbloccano abbastanza velocemente, questo potrebbe significare che Flintlock: The Siege of Dawn non durerà così tanto.
Ci sono molteplici armi da taglio e da fuoco (compreso un fucile a lunga gittata, che però serve a poco in combattimento), come anche bombe e probabilmente altri tipi di armi. L’equipaggiamento può essere migliorato, se si possiedono le risorse necessarie perché, ebbene sì, c’è anche il crafting: molto semplici, si raccolgono cose in giro, tanto non c’è limite di peso.
Mappa aperta
No, Flintlock: The Siege of Dawn non è un openworld (altro se non si apre nel gioco finale). I livelli sono quasi lineari, con alcune diramazioni per scoprire nuove aree o trovare materiali per il crafting. Se siete tra le persone che nei souls non sanno dove andare, sarete felici di sapere che in questo gioco non correte questo rischio: un puntatore ben visibile punterà verso l’obiettivo, impossibile sbagliarsi.
Un polpettone senz’anima?
Flintlock: The Siege of Dawn non è sicuramente un gioco che fa saltare dalla sedia. Un minestrone di diversi generi, con qualche idea carina e un’ambientazione che non dice nulla di ché. Eppure, nonostante la pessima descrizione che gli sto facendo, l’ultima fatica di A44 Games è assolutamente piacevole. Un gioco che, se ben sviluppato, potrebbe garantire diverse ore di divertimento a patto di non aspettarsi chissà quale innovazione.