Ambientato 20 anni dopo gli avvenimenti del secondo capitolo, Wolfenstein Youngblood si svolge a Neo Parigi, la capitale francese in mano ai nazisti. Il compito di liberare la città passa da William Blazkowicz alle sue figlie gemelle Jess e Soph.
Nuove protagoniste per un approccio diverso da quello classico. Youngblood è un titolo cooperativo a due giocatori online. Potete scegliere se giocare con una persona reale o affidarvi all’intelligenza artificiale del computer.
Nessun passo avanti, due passi indietro
Il pregio maggiore di Wolfenstein: The New Order è la sua semplicità: uno sparatutto nudo e crudo senza fronzoli, con una storia solida e una longevità sopra la media.
Arkane Studios, sviluppatori di questo nuovo titolo, hanno violato la purezza della saga aggiungendo elementi da gioco di ruolo fuori contesto e aggiunti con il solo scopo di dare al giocatore una finta illusione di crescita.
La nuova visione presenta un sistema di progressione a livelli, abilità da sbloccare e armi da potenziare. Tutti elementi che cozzano e soprattutto impoveriscono l’esperienza a causa di alcune limitazioni. Abilità che negli altri giochi si possedevano fin da subito (come uccidere qualsiasi nemico in stealth, portare armi pesanti, usare due armi insieme) sono state tagliate e aggiunte come potenziamenti. In poche parole, bisogna pazientare per avere ciò che prima si aveva fin da subito.
I raid delle torri Brother
Per accedere al livello finale bisogna attivare i computer delle tre mega torri presenti in Neo Parigi. Alla fine di ogni livello c’è un boss (uno tra l’altro si può evitare abbastanza facilmente) piuttosto somiglianti e lunghi da sconfiggere. La cosa peggiore di tutti è che quando si muore si ricomincia l’intero livello e senza rifornimento di munizioni. Non potevano rendere questo gioco ancora più frustrante.
I nemici hanno la più complicata barra della vita: una barra rossa indica la vita, i quadrati e le righe bianche lo scudo, rossi quando danneggiati. Bisogna usare l’arma giusta per provocare il maggior numero di danni. In gioco significa guardare le minuscole barra del nemico ed estrarre l’arma con il corrispondente simbolo. Con più nemici insieme di diverso tipo, questo sistema si dimostra scomodo e poco pratico. Conviene semplicemente sparare a più non posso.
Un giocatore e mezzo
Il titolo è pensato per essere giocato online con un’altra persona, con un amico con cui possiamo parlare via microfono. Io l’ho giocato con l’intelligenza artificiale e provato a giocarlo con estranei. Nel secondo caso ho trovato pochissime persone online (due di numero) che hanno lasciato brevemente la sessione. Nel primo caso la compagna gestita del computer si è rivelata un’inetta fallita e totalmente inutile. Uccide i nemici raramente, durante i combattimenti con i boss si mette in mezzo finendo per essere uccisa e costringendo il giocatore a soccorrerla pena il game over (o lo spreco di una vita), in stealth si fa beccare sempre e capita a volte che non rianimi anche se a uno sputo di distanza.
Les rues de Paris
Dopo il prologo iniziale, si accede all’accampamento principale da dove è possibile parlare con i vari NPC per ottenere missioni secondarie, giocare al classico Wolfenstein su un cabinato e accedere alla metropolitana. Questa serve per viaggiare nelle 4 zone principali della capitale francese.
Nonostante il design alla Dishonored, con tetti e piattaforme dove passare sopra il nemico e zone da scoprire, l’approccio aperto delle zone non funziona perché in disaccordo con lo stile action di Wolfenstein. Il motivo è semplice: non ci sono molti tipi di approcci con cui sconfiggere il nemico e pertanto tutte le viuzze, finestre e passaggi segreti si rivelano inutili a fini tattici.
La linearità funziona meglio perché permette agli sviluppatori di controllare meglio l’azione, creare percorsi specifici e regolare il livello di sfida. Le missioni principali usano questo approccio e sono infatti le più piacevoli da giocare grazie a una buona varietà di scenari e nemici, enigmi ambientali e sezioni platform.
Le missioni secondarie sono povere, ripetitive e create solo per giustificare le altrimenti inutili zone esplorabili. Zone che bisogna ripercorrere più e più volte, eliminando gli stessi nemici che si rigenerano dopo pochi minuti. Si possono evitare le guardie, ma non ha senso evitare uno scontro in uno sparatutto, dove si deve livellare il proprio personaggio uccidendo nemici.
In poco tempo, se si vuole solamente finire il gioco, ci si ritrova a scappare via senza curarsi del fuoco nemico. Anche nelle fasi finali, gli scontri sono evitabili: basta essere abbastanza svelti da aprire la porta per accedere all’area successiva.
Sparare ai nazisti è sempre un piacere
Nonostante i numerosi difetti c’è una cosa che un gioco di Wolfenstein non sbaglia: il gunplay. Le armi sono poche ma funzionali e personalizzabili, tutte curate benissimo e con nuove aggiunte alla sezione armi speciali, necessarie per superare certi ostacoli ma efficaci anche in combattimento. Sparare in Youngblood è un piacere grazie a un perfetto feedback dei colpi sugli avversari con schizzi di sangue e teste che esplodono, e un buon rinculo delle armi.
Le protagoniste, come il padre, sono veloci e agili, capaci di super salti, scivolate e schivate laterali. Abilità adatte per un approccio aggressivo ma anche tattico, usando il sistema di coperture.
Tuttavia Arkane Studios ha fatto dei tagli: il più rilevante è la possibilità di usare ogni arma in modalità akimbo, ovvero una per mano. Una peculiarità della saga e componente fondamentale del gameplay, soprattutto nel secondo capitolo in cui è possibile utilizzare due differenti armi.
Livelli nei sotterranei
Gli sviluppatori hanno avuto la geniale idea di mettere livelli sottoterra in cui non si vede assolutamente niente se non con una torcia, la quale può essere usata solo con la pistola o il fucile con specifico mirino. La cosa diventa fastidiosa quando bisogna aprire le casse per raccogliere le monete, già nere di per sé, al buio sono invisibili.
L’altra mancanza è la minore enfasi nello stealth. I giochi precedenti permettevano di eliminare la maggior parte dei nemici in modalità furtiva, e Youngblood a livello di meccaniche è rimasto identico. La differenza è nel design dei livelli. Se prima gli spazi erano più stretti e si potevano facilmente vedere dei percorsi per arrivare all’obiettivo (gli ufficiali), in questo gioco si possono eliminare pochi nemici in successione prima di essere scoperti.
La cosa è abbastanza imbarazzante, se si pensa che Arkane Studios è l’autore di uno dei migliori giochi stealth: Dishonored. Mi auspicavo migliorassero queste meccaniche, magari aggiungendo le uccisioni dall’alto, strumenti per aggirare i nemici e altre abilità oltre all’occultamento.
Storia interessante ma poco presente
Le sorelle Blazkowicz sono due scappate di case, avventate e incoscienti che sopravvivono a ogni situazione grazie ai geni paterni anti-nazisti. Su di loro non viene fatto un particolare approfondimento e si esprimono tramite gag e brevi dialoghi in gioco.
Questo capitolo punta ancora di più sull’ilarità senza però essere satirico come The New Colossus. Il risultato è una versione ridicolizzata delle tematiche della saga che porta a un minor interesse verso i personaggi e il loro mondo.
La mia opinione è che la trama serva solo come giustificazione per la nuova struttura di progressione e da prologo per il futuro quinto capitolo.
Bello e fluido
Il motore di gioco id Tech 6, grazie allo sfruttamento delle api Vulkan garantisce un framerate costante sui 120fps a 1080p con tutti i settaggi al massimo, su una configurazione costituita da una GTX1070 e un Intel 3560k.
Il gioco si presenta pulito, fluido e gradevole alla vista con un gran quantitativo di dettagli, texture ad alta risoluzione e buon utilizzo dei particellari con anche un briciolo di elementi distruttibili. La Parigi nazista appare vissuta e dipinta con un misto di palette scure.
L’audio offre diversi settaggi per ogni tipo di impianto e la campionatura dei suoni è la stessa del gioco precedente.
Come rovinare un ottimo gioco e vivere felici
Andando spediti per la storia principale la longevità si attesta sulle 10 ore. Il completamento dell’avventura non necessita fortunatamente di grinding, è sufficiente l’abilità e pazienza per sconfiggere l’orribile boss di fine gioco dalla barra della vita infinita.
Wolfenstein Youngblood è finalizzato a far perdere tempo al giocatore costringendolo a mansioni ripetitive e noiose, scelte di progettazione errate che non trovano nessuna scusante. Bisogna essere miopi per non comprendere che questo gioco è una mera trovata commerciale, che sfrutta con l’inganno l’amore dei fan verso la serie con un prodotto misero, anzi infimo, che merita l’indignazione che sta ricevendo dal pubblico.
Commento Finale
Wolfenstein Youngblood è il secondo flop di Bethesda dell'anno dopo Rage 2. Un gioco castrato delle sue meccaniche migliori in favore di elementi da gioco di ruolo e un level design che snaturano l'anima da sparatutto della saga. Deludente, poco divertente e vivamente sconsigliato tranne ai fedelissimi della saga che, chiudendo tutti e due gli occhi, riescono sorvolare sui numerosi difetti.