In attesa di GTA VI, perché non provare a essere un poliziotto giocando a The Precinct? Un action con visuale dall'alto di Fallen Tree Games.
Come sarebbe Grand Theft Auto se al posto di essere criminali si giocasse come poliziotti? The Precinctrisponde a questa domanda. Sviluppato da Fallen Tree Games LTD, l’action 3D con visuale dall’alto mette il giocatore nei panni di una recluta assegnata al ACPD. Averno City è una città in cui la criminalità è all’ordine del giorno, e sta al giocatore riportare ordine e giustizia..e anche molte multe.
Guardia e ladri
The Precinct richiama inevitabilmente l’atmosfera dei primi Grand Theft Auto, soprattutto quando ci si lancia in inseguimenti a tutta velocità tra le vie della città, ignorando completamente i danni collaterali che si lasciano dietro. Scene d’azione come le sparatorie durante una rapina a una banca riportano alla mente i momenti più concitati della serie Rockstar. La differenza, però, è tutta nella prospettiva: questa volta non si fugge con una borsa piena di soldi, ma si accende la sirena e si parte all’inseguimento. La macchina con i lampeggianti rossi e blu è la nostra.
Ci pensi tu alle scartoffie?
Se per un criminale la libertà d’azione è pressoché assoluta, per un poliziotto entra in gioco tutta una serie di doveri, obblighi e burocrazia. Prima di fare rispettare la legge è fondamentale conoscerla, ed è infatti il gioco propone un lungo tutorial, e rende sempre disponibile una guida su tutti i crimini e corretti comportamenti. Ogni volta che si ferma un sospetto, è possibile controllarne l’identità, verificarne i precedenti e procedere a una perquisizione. Se si ritiene che abbia commesso un crimine, entra in scena un sistema piuttosto dettagliato per definirne l’infrazione. Le accuse non si scelgono a caso: bisogna individuare con precisione quale reato è stato commesso, selezionandolo da un elenco suddiviso in tre categorie principali: reati stradali, reati personali e possesso illegale.
Qui il gioco richiede precisione: accusare ingiustamente o dimenticare un capo d’accusa porta alla perdita di punti esperienza. È possibile saltare tutto automatizzando l’interazione, ma in quel caso non si ottiene alcuna ricompensa. Una volta formalizzate le imputazioni, spetta a noi decidere come procedere. Se l’infrazione è grave, bisogna arrestare il sospetto, ammanettarlo e leggergli i diritti. Dimenticare anche solo quest’ultimo passaggio comporta una penalità. L’arrestato può poi essere trasportato direttamente in centrale, oppure lasciato alle cure dei colleghi. Se invece il reato è minore, ci si può limitare a una multa, o addirittura a un semplice ammonimento. In caso di incertezza, è anche possibile delegare tutto al partner di pattuglia, che si occuperà delle pratiche per conto nostro.
La burocrazia si estende anche alla gestione del traffico: è possibile multare le auto parcheggiate irregolarmente o fermare veicoli sospetti. Basta notare un’infrazione come guida in stato di ebbrezza (con tanto di alcoltest), un eccesso di velocità, un’auto segnalata come rubata per azionare la sirena e procedere con un controllo completo. Anche qui, starà a noi scegliere quale tipo di infrazione contestare, rendendo ogni intervento un piccolo puzzle legale da risolvere sul campo.
Vuoto narrativo
La trama di The Precinct ruota attorno a Cordell, giovane agente e figlio di un poliziotto leggendario, spinto dal desiderio di fare luce sull’omicidio del padre. Un incipit che, almeno sulla carta, lascia spazio a sviluppi interessanti e a una progressione emotiva in grado di dare spessore alla narrazione. Peccato che questa premessa rimanga poco più di un pretesto, abbandonata quasi subito dopo i primi istanti di gioco. La storia, di fatto, non ha una parte centrale: viene introdotta in modo frettoloso, attraversa ore e ore di gameplay senza alcun avanzamento significativo e si chiude in modo altrettanto sbrigativo, lasciando un senso di vuoto e di occasione mancata.
Anche i personaggi secondari non riescono a risollevare la situazione. Pur sostenuti da dialoghi a tratti ben scritti, sono costruiti su cliché abusati e risultano piatti, privi di reale profondità. Manca completamente un’evoluzione dei caratteri o dinamiche relazionali interessanti: ognuno resta incastrato nel proprio ruolo stereotipato, senza mai sorprendere o coinvolgere davvero il giocatore. Così, anche nei rari momenti in cui la storia cerca di emergere, non riesce a generare alcun impatto emotivo, schiacciata dalla monotonia delle attività secondarie e da una struttura che relega la narrazione a un ruolo puramente accessorio.
Andiamo a guadagnarci lo stipendio
Subito dopo il tutorial e l’introduzione di Cordell, viene fatta la conoscenza di due detective che vogliono scalare la piramide di due bande locali. Il nostro ruolo, come giovane agente dell’ACPD, è quello di raccogliere indizi sufficienti per ottenere mandati d’arresto e arrestare i boss delle bande.
Ogni giornata di servizio si apre con la scelta del distretto da pattugliare e con la classica routine: si sceglie il turno (la zona, l’ora e il tipo di pattugliamento) si sale a bordo della volante, si accendono i lampeggianti e si attende il prossimo crimine generato casualmente: un furto d’auto, una rapina, uno spacciatore colto sul fatto, uno scontro a fuoco. Le attività sono varie, e sarebbe anche un buon modo per intrattenersi dalla missione principale…se non fosse che queste attività di pattugliamento sono la missione principale. The Precinct costringe il giocatore a diverse ore, praticamente l’80% del gioco, in questo genere di attività extra senza mai proseguire realmente con la trama, se non verso la fine del gioco.
Una monotonia da trasformare un’esperienza potenzialmente interessante in un logorante susseguirsi di missioni tutte uguali, unite da uno sputo narrativo. Anche le missioni della cattura dei boss, che dovrebbero essere la ricompensa per tutta la fatica fatta, si risolvono in maniera frettolosa e poco divertente. Manca di entusiasmo, manca di quell’adrenalina che in un gioco del genere è fondamentale.
Sembra che gli sviluppatori, dopo aver sviluppato il gameplay, abbiano deciso di farsi una vacanza, scrivere tre righe di storia e allungare il brodo con riempitivo che in un qualsiasi altro gioco sarebbe un passatempo per l’endgame, non il piatto principale.
Need for Speed con gli autoscontri
A completare il quadro ci sono le missioni sotto copertura legate alle corse clandestine, che si presentano come uno degli elementi secondari più ricorrenti ma anche più deludenti. Sotto l’alibi di una missione di infiltrazione, al giocatore viene chiesto di partecipare a varie gare e prove a tempo. Le seconde, va detto, risultano a tratti persino godibili, nonostante un sistema di guida tutt’altro che rifinito. Le gare vere e proprie rappresentano un disastro su tutta la linea.
La fisica dei veicoli è talmente caotica che sembra di essere finiti in un’arena di autoscontri, più che in una competizione automobilistica. Le vetture si urtano senza sosta, rimbalzano tra loro e basta un minimo contatto per perdere completamente il controllo, con il risultato che recuperare terreno diventa quasi impossibile. A rendere il tutto ancora più assurdo, c’è la presenza di un sistema di penalità che conteggia infrazioni come lo speronamento, un evento inevitabile date le condizioni caotiche della corsa. Si arriva così a una situazione paradossale in cui il giocatore, anche se vince la gara, potrebbe ritrovarsi con più punti persi che guadagnati. Dopo qualche tentativo, il senso di frustrazione prende il sopravvento e l’unica scelta ragionevole è semplicemente ignorare del tutto queste missioni, che risultano più punitive che appaganti. Più che una sfida, sembrano una lotteria basata sul caso, piuttosto che sull’abilità.
Ogni tanto si investe qualcuno
Anche se nei panni di un poliziotto dovremmo essere sempre rispettosi della legge, alla guida ci si comporta come una furia stradale. Il giocatore può ignorare impunemente qualsiasi norma del codice stradale: sfrecciare contromano, ignorare semafori, travolgere recinzioni, tamponare auto civili o addirittura requisirle senza alcuna giustificazione apparente. Da un lato, questa libertà può risultare coerente con la necessità di mantenere un ritmo arcade e poco punitivo. Dall’altro, però, genera una dissonanza netta e fastidiosa con il ruolo che si è chiamati a interpretare: un agente di polizia, idealmente portatore di legge e ordine, che si comporta con lo stesso disinteresse per le regole di un criminale da manuale.
Le sezioni d’azione non aiutano a colmare questo scollamento. Le sparatorie sono poche, scarsamente variate e penalizzate da un sistema di combattimento basilare. Il sistema di copertura è limitato a pochi elementi dello scenario (per lo più auto e muretti bassi) e manca di tutte quelle funzionalità moderne che rendono dinamici gli scontri: non si può scivolare o rotolare da una copertura all’altra, non è possibile sparare alla cieca o gestire l’angolo di tiro in modo fluido. Il set di armi è ridotto all’essenziale, e la totale assenza di equipaggiamento come granate rende le situazioni più concitate piatte e prevedibili.
Nemmeno i Blues Brothers
Un po’ più di adrenalina si trova negli inseguimenti, che rappresentano uno dei momenti di maggiore tensione nel gioco. Qui l’intelligenza artificiale dei sospetti riesce effettivamente a mettere alla prova, con manovre aggressive e percorsi imprevedibili. Tuttavia, anche in questo caso, il caos che si genera (con veicoli civili distrutti, semafori abbattuti e scenari devastati) finisce per esacerbare quella stessa incoerenza tra il ruolo di tutore dell’ordine e il comportamento da bulldozer urbano. Inseguire un’auto rubata finisce per produrre un numero spropositato di danni collaterali, lasciando al giocatore la sensazione di essere parte del problema più che della soluzione (che poi è il motivo per cui anche nella realtà si tende a evitare gli inseguimenti).
Luci di sirena, fuochi di pistole
The Precinct si distingue per una direzione artistica ben definita, che attinge a piene mani dall’immaginario dei polizieschi anni ’80. L’estetica generale richiama quei toni cupi e saturi tipici delle metropoli notturne illuminate da neon, tra pioggia battente e sirene che tagliano il silenzio urbano. Questo stile viene esaltato da una grafica che, pur non puntando al fotorealismo, adotta un approccio stilizzato con un buon equilibrio tra dettaglio e leggibilità, perfettamente funzionale al tipo di visuale scelta.
I modelli tridimensionali, seppur stilizzati e semplificati, risultano credibili e ben inseriti nel contesto, grazie anche a una palette cromatica coerente e all’uso sapiente dell’illuminazione.
Proprio gli effetti di luce rappresentano uno dei punti di forza dell’impatto visivo del titolo. I riflessi delle luci urbane sull’asfalto bagnato, il bagliore intermittente delle sirene, l’alternanza netta tra ombre profonde e aree illuminate: tutto contribuisce a ricreare una scena notturna viva, pulsante e immersiva. Le luci dinamiche reagiscono in modo credibile agli spostamenti e alle condizioni atmosferiche, elevando sensibilmente la qualità percepita della messa in scena.
Anche lo scenario mostra un certo grado di interattività. La fisica dei veicoli è presente e visibile, seppur spesso caricaturale: una semplice collisione frontale può far volare un auto per aria. Alcuni elementi dello scenario sono distruttibili, aumentando il senso di impatto e dinamicità durante le fasi più concitate, ma anche qui l’accento è posto più sull’effetto visivo che sulla profondità simulativa.
scritto da Filippo Giacometti e pubblicato il giorno
Commento Finale
Nonostante un gameplay variegato che simula, in maniera anche realistica, la vita di un poliziotto, The Precinct fallisce nel proporre contenuti interessanti e cade invece nella trappola della ripetitività. La storia è praticamente assente, con un potenziale totalmente sprecato. Un'idea valida ma sviluppata in maniera pessima.
Gameplay
Meccaniche di gioco e level design
65
Tecnica
Grafica e ottimizzazione
70
Arte
Direzione artistica, storia e musiche.
40
Esperienza utente
Interfaccia utente, accessibilità e fruibilità
75
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Commento Finale
Nonostante un gameplay variegato che simula, in maniera anche realistica, la vita di un poliziotto, The Precinct fallisce nel proporre contenuti interessanti e cade invece nella trappola della ripetitività. La storia è praticamente assente, con un potenziale totalmente sprecato. Un'idea valida ma sviluppata in maniera pessima.