Naughty Dog conclude il ciclo di PlayStation 4 con The Last of Us: Parte 2: il capolavoro che speravamo o l'immondizia che temevamo?
Sette annidopo, come per il primo gioco, anche a The Last of Us: Parte 2 è stato affidato il compito di chiudere col botto l’attuale generazione.
Dopo un successo commerciale e di critica, realizzare un seguito di The Last of Usera un compito arduo, una responsabilità enorme con un alto tasso di fallimento.
Nonostante le polemiche scaturite dai leak (che ho prontamente evitato) non ho mai dubitato di Naughty Dog. Non è fanatismo, ma semplice fiducia verso un’azienda che non ha mai deluso.
Se al contrario di me avete temuto che le voci fossero fondate, che il gioco fosse brutto, vi rassicuro subito:
The Last of Us: Parte 2 è un capolavoro.
Un termine inusuale su queste pagine. Un epiteto con cui descrivo ben poche cose. In questo caso però, dopo averci riflettuto, penso che l’ultima opera di Naughty Dog se lo meriti a pieno titolo.
Ognuno è l’eroe della propria storia
La vendetta è il trampolino di lancio della trama. Un espediente narrativo per raccontare una storia semplice nella struttura ma pregna di significato.
The Last of Us: Parte 2 tocca tematiche quali il fanatismo religioso, l’identità di genere e la corrosività dell’odio (e come possa distruggere una persona).
Il mondo post-apocalittico è solo un pretesto per mettere l’umanità in una situazione in cui può mostrare tutte la sua violenza e stupidità. La solidarietà è un lusso, la stoltezza porta alla morte e la sopravvivenza viene prima di tutto. Un modo di vedere la realtà soffocante, deprimente. Sensazioni che ho provato anche con The Last of Us; ma dove il primo regalava ogni tanto dei momenti di umanità in questo seguito le luci della speranza sono fievoli.
Il motivo dietro questo cambiamento è Ellie. Nel primo gioco illuminava i momenti più bui con la sua innocenza, il suo stupore e ingenuità.
Nonostante gli orrori di quel mondo il suo spirito era rimasto integro.
The Last of Us: Parte 2 lo annichilisce.
Il trauma subito la cambia come persona; la rabbia provata la divora dall’interno e la porta a compiere azioni inumane.
Questo nuovo capitolo non è per tutti: non è per coloro che cercano le stesse emozioni provate nella prima parte né tanto meno per chi cerca una storia con un finale al miele.
The Last of Us: Parte 2 è un dramma: cupo, brutale, sanguinoso e perfido nella sua indifferenza verso i sentimenti di noi fan.
Non si abbassa a fare quello che il pubblico vuole, prosegue dritto per la sua strada fregandosene del parere altrui.
L’erba alta non ti protegge sempre
The Last of Us: Parte 2 perfeziona e rifinisce le meccaniche stealth del primo capitolo.
Nessuna rivoluzione come qualcuno si aspettava. Nemmeno il primo The Last of Us portava nulla di nuovo nel genere. Il modus operandi di Naughty Dog è sempre stato quello di prendere un tipo di meccaniche, integrarle nel contesto, ridefinendole e migliorandole nei minimi dettagli.
Per affrontare gli scontri in modo furtivo vengono messi a disposizione del giocatore strumenti come trappole, bombe a stordimento, silenziatori fatti con la bottiglia e altri oggetti rudimentali ma efficaci.
Banchi di lavoro
Le armi a disposizione possono essere potenziate: innanzitutto sono necessari i componenti adatti. Si trovano in giro per il mondo di gioco, pertanto occhi aperti. Quel che serve poi sono i banchi di lavoro dove, come il nome suggerisce, è possibile modificare e potenziare le proprie armi.
I potenziamenti migliorano diversi aspetti quali la precisione, la capienza del caricatore, la stabilità e così via.
Apprezzabile lo sforzo di creare un’animazione diversa per ogni singolo potenziamento per ogni arma.
Tutto viene messo nella creatività del giocatore, il quale deve imparare a sfruttare le poche risorse in modi intelligenti. Chi non riesce in questo compito, come avviene per qualsiasi altro gioco stealth, potrà trovare gli scontri sulla lunga ripetitivi.
Il level design si espande maggiormente rispetto al passato, grazie a una struttura più verticale e con molti più passaggi resi possibili dell’ampliamento delle abilità di movimento, come ad esempio la capacità di stendersi per terra.
Gli avversari sono intelligenti: attuano strategie a tenaglia, si muovono in maniera coordinata e cercano il giocatore controllando ogni posto (compreso sotto i veicoli).
Naughy Dog ha reso i nemici più umani rispetto ai numerosi npc senza anima di altri giochi. Hanno un nome che usano per chiamarsi tra di loro,si infuriano davanti al cadavere di un loro compagno e chiedono pietà quando sono a terra indifesi alla mercé del giocatore. Anche i cani piangono se si uccide il loro padrone (la parte più triste del gioco).
La “personalità” degli avversari combinata alla crudezza della lotta trasforma gli scontri da una semplice attività ludica in un componente narrativa dell’esperienza. La dissonanza videoludica è comunque presente ma assolutamente giustificabile.
Gli infetti non hanno praticamente subito cambiamenti. Come nel primo gioco, basta camminare lentamente e ucciderli di sorpresa e se la situazione si accende passare alle armi da fuoco o, per i più coraggiosi, eliminarli con armi bianche, pugni e bottiglie/mattoni da lancio.
Il sistema di combattimento corpo a corpo è più dinamico e veloce rispetto al vecchio capitolo. Nulla di particolarmente profondo: un semplice gioco di tempismo in cui basta alternare la schivata con l’attacco. Quanto basta per essere facile da imparare ma tramutarsi in sfida quando i nemici sono numerosi.
Finalmente Ellie ha imparato a nuotare
Nei videogiochi sono ricorrenti gli enigmi in cui la strada bloccata può essere superata usando la classica piattaforma da trascinare nella giusta posizione. Il primo The Last of Us non è escluso dalla lista e, anzi, usava questo stratagemma fin troppo volte, utilizzando come scusa il fatto che Ellie non sapesse nuotare.
In The Last of Us: Parte 2 Ellie sa nuotare. Ma nonostante questa possibilità, gli enigmi/sezioni platform rimangono ancora poco interessanti quanto l’originale. Diverse sono le volte in cui bisogna muovere un cassonetto per arrivare a piattaforme troppo in alto, oppure rompere un vetro se la porta è chiusa. Ci sono alcune scene in cui è necessario attivare un minimo di materia grigia, ma nulla che non possa essere risolto in cinque minuti.
Non è un grave difetto. D’altronde in un gioco lineare di 20/30 ore trovare puzzle ambientali sempre interessanti avrebbe richiesto molto più tempo di quello a disposizione. Basta non prenderli come rompicapi ma semplici pause per rallentare il ritmo tra un combattimento e l’altro.
Portare al massimo ogni singolo bit
Le immagini parlano da sole: graficamente parlando The Last of Us: Parte 2 è invidiabile da qualsiasi gioco console (ma anche pc in realtà). I cagnacci di casa Sony sono riusciti a spremere il processore di PlayStation 4 al suo limite, sfruttando qualsiasi crepa non ancora scoperta per ottimizzare al massimo le performance. Su PS4 base il gioco gira costantemente a 30fps quasi granatici senza nessun genere di bug o ritardo delle texture.
La parte più sorprendente è la mastodontica quantità di dettagli che dimostra ancora una volta come Naughty Dog ci tenga a curare ogni singolo aspetto dei propri titoli. In pochi mondi virtuali ho visto cose come le orme lasciate dalla polvere, le gocce di acqua che scivolano dai vestiti o la neve che cade dagli alberi al passaggio di un personaggio, giusto per dirne alcuni. Tutti elementi insignificanti presi singolarmente ma che uniti arricchiscono ancora di più un impianto grafico di alta classe.
Seattle, dove la maggior parte del gioco si svolge, è stata riprodotta con estrema fedeltà e immaginata con altrettanto realismo nel mondo post apocalittico del gioco. La natura ha preso il sopravvento e della vecchia civiltà rimangono solo ruderi. L’ambiente è lussureggiante di vita vegetale e animale; quelle che prima erano distese di cemento sono ora diventate prati e i parchi trasformati in foreste.
Gli effetti di luce rendono lo stato americano ancora più incantevole; in antitesi alle persone che lo vivono. Quello che più stupisce sono gli interni: tutti diversi tra di loro e tutti ricchi di dettagli. Una testimonianza del 2013 (anno in cui nel gioco è iniziata la pandemia), e luogo in cui i protagonisti esprimono il loro stupore per come l’umanità conduceva la propria vita un tempo.
Per quanto riguarda le animazioni è il meglio del meglio. Non sono comparabili a quelle del primo gameplay trailer ma rimangono incredibilmente fluide e realistiche. Ogni piccola interazione è doverosamente animata alla perfezione, dal movimento dello zaino a quello dei capelli al modo in cui i personaggi interagiscono con l’ambiente.
L’ultimo di noi, parte 2
Dalla stampa del primo carattere di questa recensione alle sue note conclusive sono passati alcuni giorni. Un tempo che mi sono preso in parte per mancanza di tempo (che pensate faccia questo per lavoro? Suvvia) e in parte per sentire i numerosi pareri negativi che sono emersi come funghi (ma peggiori di quelli di The Last of Us) ancora prima che il gioco fosse rilisciato alla stampa.
Le critiche di codesti recensori non hanno in alcun modo scalfito il mio giudizio. Se devo trovare per forza qualcosa di condivisibile, posso essere parzialmente d’accordo che gli enigmi non sono particolarmente interessanti. Ma la perfezione la ritengo sempre una pretesa insensata (o roba da Borg).
The Last of Us: Parte 2 è un capolavoro. Un punto di riferimento per i videogiochi di genere narrativo e un esempio di maturità per il medium.
Solo il coraggio di scrivere una storia così divisoria, sapendo che avrebbe destato scontento, dimostra come i videogiochi possono essere, oltre che semplice intrattenimento, anche Arte.
scritto da Filippo Giacometti e pubblicato il giorno
Commento Finale
Una storia drammatica e adulta che dimostra la maturità raggiunta del videogioco come mezzo espressivo. Un gameplay migliorato e ben costruito in ogni sua parte. Un'ambientazione spettacolare, dettagliata e realistica da rimanere costantemente a bocca aperta, grazie a un comparto tecnico di altissima qualità. The Last of Us: Parte 2 è un gioco che non vuole farsi apprezzare da tutti; ma per coloro che lo accoglieranno e ne capiranno il significato saranno ben grati per quello che Naughty Dog è riuscita a creare.
Gameplay
Meccaniche di gioco e level design
92
Tecnica
Grafica e ottimizzazione
100
Arte
Direzione artistica, storia e musiche.
100
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Commento Finale
Una storia drammatica e adulta che dimostra la maturità raggiunta del videogioco come mezzo espressivo. Un gameplay migliorato e ben costruito in ogni sua parte. Un'ambientazione spettacolare, dettagliata e realistica da rimanere costantemente a bocca aperta, grazie a un comparto tecnico di altissima qualità. The Last of Us: Parte 2 è un gioco che non vuole farsi apprezzare da tutti; ma per coloro che lo accoglieranno e ne capiranno il significato saranno ben grati per quello che Naughty Dog è riuscita a creare.