Onestamente non so perché ho deciso di comprare Sekiro: Shadows Die Twice. Non sono una persona particolarmente paziente, non mi piace provare ansia quando gioco e non amo l’idea di rimanere ore e ore bloccato su un boss.
Mi piacciono le sfide ma quando sono proporzionate alle mie abilità e al tempo a disposizione, altrimenti si finisce nel tunnel della frustrazione.
Eppure l’ho comprato. Forse perché avevo letto che era accessibile ai neofiti come me, ma sapevo che sarebbe stato difficile. Molto difficile.
Sekiro: Shadows Die Twice fa male alla mia salute. Quando lotto contro un boss il cuore batte più forte, le mani sudano, sono in uno stato di agitazione che cresce quando sono alle ultime fasi dello scontro. In quel momento in cui mi manca poco così per vincere, in cui devo fare appello a tutta la mia concentrazione. Poi quando vinco la gioia, la soddisfazione tanto agognata. Stacco le mani dal pad e queste sono ancora in tensione, come fossi stato io a impugnare la spada di Lupo.
La morte è un’amica frequente in Sekiro: Shadows Die Twice: l’odiata schermata appare più e più volte. Ma non è da temere, seppur sia punitiva, fa parte dell’anima del gioco. La paura esiste, non quella di morire (è sempre un videogioco alla fine) ma di rimanere bloccato, di vedersi negato l’accesso al proseguimento della storia e, sentirsi a terra, per non aver superato ostacoli in cui altri hanno avuto successo.
Ma perché allora ci gioco? Un po’ per testardaggine e un po’ perché Sekiro: Shadows Die Twice è un ottimo gioco, come pochi.
Il sistema di combattimento si basa sull’osservazione e la capacità di reazione. Bisogna guardare il nemico e premere il pulsante giusto al momento giusto per controbattere efficacemente. Sembra quasi di giocare a un rhythm game a volte.
Ci vuole tempo e pratica per diventare shinobi provetti. Ma una volta compreso appieno il combat system diventa tutto più semplice. Quando le mani e la mente sono allenate quelle che erano sfide insuperabili ora sono più fattibili. Una specie di metafora sulla vita, così mi piace pensarla.
Il mio rapporto con Sekiro: Shadows Die Twice è di odio-amore. Odio perché è un gioco bastardo, indifferente alla sofferenza del giocatore, ma allo stesso tempo regala molte soddisfazioni, una sensazione che gli altri giochi contemporanei non offrono.