La mia recente avventura con Cuphead, l’adorabile Run And Gun di StudioMDHR, mi ha fatto riflettere sul modo in cui viene percepita la difficoltà di un videogioco. Titoli come il dapprima citato Cuphead o, per fare altri esempi, la serie Dark Souls (o anche Bloodborne) o ancora i rage game come Super Meat Boy, sono considerati dalla maggior parte delle persone videogiochi difficili.
Perché?
Ognuno dei titoli citati è considerato difficile per una serie di motivi che non ho intenzione di snocciolare in questo articolo. Tuttavia il comune denominatore è che si tratta di videogiochi che richiedono grande pazienza e concentrazione, impegno e costanza nonché esperienza e abilità.
Molti giocatori vecchia scuola affermano, sbeffeggiando le nuove generazioni, che non sono videogiochi difficili ma semplicemente l’industria odierna ci ha abituato a giochi molti più facili rispetto al passato.
I publisher oggi devono creare videogiochi appetibili per un maggior numero di clienti. Titoli quindi più accessibili per un pubblico casual, i quali ormai formano la maggior parte del mercato.
Due schieramenti contrapposti: la vecchia scuola che considera i videogiochi difficili di oggi “normali” e le nuove leve che vedono un Dark Souls come il massimo esponente degli hardcore games.
Due opinioni opposte che non portano a una risposta concreta.
Mi sono pertanto chiesto:
Quali sono i criteri per affermare in maniera assolutamente oggettiva la difficoltà di un videogioco?
La risposta è: non esiste. Non esiste nessun metodo per determinare oggettivamente e scientificamente la difficoltà di un videogioco perché il videogioco richiede un videogiocatore e il videogiocatore è una persona.
La difficoltà è determinata dalle esperienze, capacità, abilità, determinazione e anche da fattori come l’umore, lo stress, l’ansia e lo stato d’animo di ogni singolo giocatore.
Non è lo sviluppatore, né la stampa specializzata o altri esperti del settore a stabilire le arduità di un videogioco. La definizione di videogioco difficile è dipendente dalla singola persona, non determinata dall’opinione popolare.
Io posso affermare che per me Cuphead è un gioco difficile per tutta una seria di motivi, riconducibili sempre alla mia persona e alle mie abilità di videogiocatore. Per me è difficile perché non sono abituato a quella tipologia di videogioco o perché richiede abilità che non possiedo. Questo non significa che lo stesso identico gioco sia difficile per un’altra persona, la quale magari non è brava con gli sparatutto, genere a cui invece io sono molto avvezzo.
Sono sempre a favore di videogiochi che permettono di decidere il livello di difficoltà.
Non mi riferisco solamente alla classica selezione a inizio gioco o tramite menù ma a un livello di sfida personalizzato e costruito intorno al giocatore.
Ad esempio, in Dishonored 2 è possibile creare un livello di difficoltà personalizzato cambiando diversi parametri. Hellblade: Senua’s Sacrifice adatta la difficoltà automaticamente in base alle abilità del giocatore, in modo da trovare sempre un bilanciamento e offrire un’esperienza appagante.
E quindi?
Il lavoro del recensore non è così semplice: per farlo bene bisogna essere in grado di discernere tra il proprio gusto personale e il parere professionale. Il lettore non vuole la vostra opinione sul gioco ma vuole un parere neutro e il più possibile oggettivo. Per questo ritengo che quando si parla di difficoltà in un videogioco si debba specificare i motivi per cui è così difficile. Evidenziare quali sono gli elementi e le meccaniche che rendono quel gioco così difficile.
I videogiochi difficili non esistono. Si tratta solo di punti di vista.