Con la stessa cadenza con cui arriva l’autunno, la nuova reiterazione dell’arcinoto franchise di Activision giunge sugli scaffali fisici e digitali di tutti i negozi di videogames. Sviluppato dai ragazzi di Infinity Ward, Call of Duty – Infinite Warfare porta i giocatori in un futuro in cui l’uomo ha espanso i suoi confini nello spazio e creato insediamenti sui pianeti del sistema solare per il prelievo di risorse da inviare poi sulla Terra, ormai prosciugata da anni di sfruttamento.
Durante questa “corsa all’oro” galattica uno degli insediamenti decide di distaccarsi dai padroni terrestri e conquistare Marte. Da questo evento, chiamato “Guerre di Secessione”, nascerà il Settlement Defense Front (SDF) il quale trent’anni dopo, nel 2080, colpirà Ginevra con un massiccio attacco navale (navi spaziali) distruggendo la maggior parte della flotta SATO.
Il neo capitano Nick Ryes della nave spaziale Retribution dovrà sabotare i piani dei SetDef in modo da permettere alla Terra di ricostruire la flotta.
Semper Fidelis
In questo ultimo periodo antecedente l’uscita di Infinite Warfare ho letto moltissimi commenti di utenti stufi di “videogiochi futuristici”, riferendosi alla deriva fantascientifica che la serie Call of Duty ha preso negli ultimi tre anni.
Oltre a usare in modo scorretto il termine “futuristico”, e per coloro che non sanno cosa significa vi invito a guardare sul Treccani, posso dire con certezza che la nuova ambientazione nello spazio è stata la migliore scelta che potessero fare. Dopo il periodo della seconda guerra mondiale e quello della guerra moderna, il passaggio verso i conflitti del futuro era inevitabile e anche necessario per dare nuova luce a una serie che fatica a innovarsi.
Infinity Ward ha quindi deciso di staccare i piedi da terra e prendere il volo fuori dall’orbita terrestre in una guerra tra i freddi ghiacci di Europa, i porti spaziali sulla Luna, i giacimenti gassosi su Saturno e i deserti rossi di Marte.
Non dovete temere: Infinite Warfare rimane sempre il solito sparatutto in prima persona a tema militare conosciuto da migliaia di giocatori in tutto il mondo. Per usare una metafora, Call of Duty è come un giro sulle montagne russe: veloce e adrenalinico. Come il viaggio in giostra, il primo giro è sempre fantastico ma quando si arriva al quarto o al quinto…fino al tredicesimo tutta l’eccitazione iniziale sparisce nonostante a ogni giro il giostraio cambi percorso e abbellisca con nuove decorazioni lo scenario.
La campagna singolo giocatore non cambia la formula e propone un’avventura ricca di scene frenetiche e rocambolesche, script a profusione e una storia con alti e bassi. La nuova ambientazione spaziale fa da sfondo a un conflitto su scala più vasta in termini geografici ma più ridotta rispetto al passato a livello di design e narrazione.
Infinity Ward, come scritto prima, ha fatto bene a trasportare la saga tra le stelle ma la giusta intuizione non basta per fare un buon prodotto. Conclusa la campagna, dopo 10 ore circa di sparatorie a difficoltà esperto, il primo pensiero che ho avuto è stato “peccato”. Peccato perché i combattimenti nello spazio a gravità zero, su caccia stellari o su pianeti ostili all’uomo hanno sulla carta un potenziale enorme, purtroppo sprecato a causa dell’incapacità da parte di Infinity Ward di creare missioni stimolanti e divertenti come ai fasti di un tempo.
Nonostante il ritmo di gioco sia sempre incalzante e le situazioni esplosive sono numerose, mancano le idee vincenti in grado di sbalordire e far saltare dalla sedia il giocatore. I combattimenti a gravità zero, per fare un esempio, sono ben sviluppati e abbastanza divertenti ma non c’è nemmeno una missione in cui sono sfruttati al loro massimo. Sarebbe stato bello avere un intero livello ambientato nello spazio, creando delle situazioni in modo tale da usare al meglio l’assenza di gravità e le abilità del pilota. Le sezioni di sabotaggio sono sviluppate bene ma mancano di quella tensione e ritmo che accomunava certe missioni dei vecchi giochi. Ad esempio si sarebbe potute costruire dei livelli da giocare solamente in stealth nello spazio, l’ambiente perfetto per la furtività essendo privo di suoni, superando sistemi di allarme, guardie, muovendosi si soppiatto superando le difese nemiche.
Le missioni secondarie sono abbastanza variegate e divertenti, un’ottima in giunta in grado di allungare la campagna per alcune ore in più. Le missioni secondarie sono utili per scoprire nuove armi speciali e miglioramenti per il Jackal. Tuttavia ho notato che le missioni di assalto si svolgono sempre sullo stesso modello di nave, seppur gli obiettivi siano diversi e quindi si fa perdonare per lo sfruttamento dello scenario.
Anche la storia non riesce a spiccare il volo: i personaggi sono tutti ben caratterizzati, con loro personalità e idee, e ognuno ha il giusto spazio per presentarsi al giocatore e, se non bastasse, è possibile scoprire più di loro guardando i file sul computer di bordo. I dialoghi sono ben scritti, con scambi di battute talvolta sullo stereotipo ma che comunque funzionano, anche grazie al giusto bilanciamento tra comicità e dramma.
La trama parte pian piano, per poi ingranare verso la metà e concludere con un finale che da un certo punto di vista è coraggioso, e dall’altro incoerente con lo stile della serie. Inoltre, una volta capito l’andazzo della storia, diventa tutto fin troppo prevedibile e pilotato.
Infinite Warfare si aggiudica il premio per il peggior uso di un attore famoso in un videogioco: Kit Harington, noto meglio come Jon Snow, interpreta Salen Kotch, lo spietato leader del SNC ovvero un cattivo di cui l’unica cosa che sentiamo sono le solite minacce da cattivone quali “conquisteremo la terra” e il classico repertorio da nemesi di turno. Un totale spreco di talento e, vista la notorietà dell’attore, anche di soldi. Dato che non c’era interesse nel dare importanza all’antagonista principale, tanto valeva scegliere un attore più “sacrificabile”. Tra l’altro le uniche informazioni che si vengono a sapere della fazione nemica provengono dai file all’interno del database e dalle scritte che appaiono ogni volta che si muore.
A differenza degli altri Call of Duty, in Infinite Warfare la campagna non è composta da capitoli in sequenza: nel gioco la Retribution svolge la funzione di hub centrale e nel ruolo di capitano della nave, bisogna decidere quali missioni affrontare tramite l’interfaccia del ponte di comando. Ci sono tre tipi di missioni: la principale, che prosegue con la narrazione, missioni assalto in cui bisogna abbordare una nave nemica e le missioni con i Jackal, i formidabili caccia stellari degli SCAR.
La Retribution è la base dove ritornare dopo ogni missione e in cui è possibile, oltre a selezionare l’obiettivo successivo, svolgere attività secondarie come guardare i notiziari alla tv, oppure usare il computer nella stanza del capitano per leggere i rapporti, registrazioni audio e video sui nostri compagni e avversari.
All’interno della nave, prima di ogni missione, bisogna passare per l’armeria per scegliere il giusto equipaggiamento. Si può scegliere tra quello consigliato dall’armiere oppure tra i tre slot personalizzabili. Una volta scelte le armi e potenziamenti adatti si parte per la missione.
Essendo nel futuro, le armi vengono stampate in 3D direttamente a bordo della nave a patto di avere il progetto. Per ottenere nuovi progetti di armi bisogna trovarle in giro durante le missioni: quando si raccoglie un’arma nuova, questa viene automaticamente scansionata dal sistema della tuta e una volta a bordo sarà possibile sceglierla in armeria.
Oltre alle armi, nel corso del gioco si possono acquisire nuovi accessori, gadget, bombe, potenziamenti per la tuta e per il jackal. Pertanto è fondamentale compiere le missioni secondarie per acquisire nuovo equipaggiamento utile per i futuri scontri a fuoco, controllare le armi lasciate a terra dei nemici e ispezionare l’armeria nelle navi nemiche.
Nel gioco sono presenti un buon numero di armi e accessori, ognuna con caratteristiche proprie e personalizzabili tramite diverse modifiche Una volta familiarizzato con l’equipaggiamento ben presto si saprà cosa è meglio scegliere a seconda delle missioni o delle preferenze. Ad esempio, fucili di precisioni silenziati sono utili quando si opta per un approccio furtivo, mentre fucili a pompa e mitragliette sono efficaci negli scontri ravvicinati.
Infinity Ward ha fatto un ottimo lavoro nel differenziare i diversi strumenti a nostra disposizione in modo tale che ognuno abbia una funzione specifica e sia di aiuto durante gli scontri. Per esempio la granate EMP sono molto efficaci per distruggere un gruppo di robot e utili per rendere inermi per pochi secondi robot corazzati con scudi. Il modulo di violazione è comodo quando si vogliono eliminare senza esporsi i nemici, prendendo il controllo di un robot avversario uccidendo da dietro le spalle e concludendo il lavoro con l’autodistruzione. Giocata a livello esperto, sapere usare i kit diventa fondamentale per riuscire a passare i livelli senza incorrere a troppo morti.
L’intelligenza artificiale nemica è purtroppo nella media e il pericolo dell’avversario risiede solo nel loro numero. Fortunatamente ci sono diversi tipi di nemici, come robot più resistenti in grado di attaccare da vicino, e alcuni miniboss che una volta privato di armi può essere sconfitto tramite un minigioco.
Per concludere, una volta completato il gioco è possibile rivivere l’intera avventura a difficoltà Specialista, in cui è disattivata la rigenerazione automatica e l’unico modo per guarire è usare i Nano Shot. I danni sono divisi in zone del corpo: se si viene colpiti a una gamba si zoppica, al braccio si fa fatica a sparare e così via.
Per chi vuole la sfida estrema, una volta completato il gioco a modalità Specialista sarà possibile giocarlo a YOLO, la quale aggiunge la morte permanente.
Vecchio ma ancora buono
Call of Duty non è una delle saghe che negli ultimi anni ha brillato per il comparto tecnico, soprattutto rispetto a titoli fotorealistici come Battlefield, tuttavia il gioco Infinity Ward sa difendersi piuttosto bene e mostra un comparto tecnico che risente del peso degli anni del motore di gioco ma comunque ancora valido, grazie agli aggiornati delle ultime versioni.
Il gioco è stato impostato a 1080p con le opzioni grafiche al massimo, motion blur disattivato e filtro anti-aliasing cinematografico al minimo. Al primo impatto la grafica non grida al miracolo, ma riesce a riscattarsi in particolari scene in cui avvengono giochi di luci e ombre, con scene ricche di particellari quali scosse di corrente, fuoco e zampilli di fuoco. Il fumo e la nebbia sono ben ricreati e fanno loro sporca figura. La qualità delle texture e dei modelli è sufficientemente buona, seppur a uno sguardo vicino si percepisce una mancanza di dettagli.
Nonostante una parte tecnica discreta, dal punto di vista artistico il lavoro è stato ottimo con scenari di pianeti e spazio con il giusto look sci-fi, con tinte di colore che vanno dal rosso di Marte, al giallo del sole (anche se in teoria sarebbe bianco visto dallo spazio) ai paesaggi verdastri di Saturno. Il gioco riesce a regalare delle viste davvero magnifiche arricchite da effetti di luce in grado rendere l’atmosfera ancora più interessante.
Conclusione
“Nuova guerra, stessa merda” è una battuta di un soldato che è possibile sentire a bordo della Retribution e sarebbe una citazione perfetta per descrivere questo nuovo capitolo di Call of Duty, se non fosse che Infinite Warfare è ben lontano dall’essere simile a un rifiuto organico. Call of Duty: Infinite Warfare è un buon gioco che avrebbe potuto essere un capolavoro se Infinity Ward fosse la stessa di un tempo quando creò Modern Warfare. Il problema non è l’ambientazione, né il comparto tecnico, il problema vero è la mancanza di idee vincenti e la volontà da parte di Activision di aggiustare la serie per ridargli la gloria di un tempo. Call of Duty ha delle meccaniche solide, collaudate e che non necessitano di revisioni ma che negli anni sono state rovinate da un sistema di movimento palesemente ispirato da Titanfall ma, a differenza del titolo EA, in questo caso non sono un bonus ma un malus. Il primo Modern Warfare è più “antiquato” rispetto al fantascientifico Infinite Warfare, più scarno di contenuti e più vecchio sotto molti punti di vista, ma nonostante ciò ancora adesso rimane il miglior titolo della serie. Pertanto, Activision si dovrebbe chiedere: perché un Call of Duty uscito 9 anni fa è migliore di quello uscito quest’anno?
Commento Finale
Call of Duty: Infinite Warfare è il solito giro in giostra annuale, una giostra che fatica a innovarsi e non riesce a esprimere al meglio le proprie possibilità. La campagna è solida e ben sviluppata, di una durata maggiore rispetto al passato grazie a missioni secondarie piacevoli e non ripetitive. Il comparto tecnico sente il peso degli anni ma riesce comunque a difendersi bene grazie a una sezione artistica in grado di regalare vedute splendide, ricche di atmosfera.